Le
bottiglie di vino di Giorgio Pinchiorri all’asta per pagare le ferie ai dipendenti. L’iniziativa parte da lontano ed è destinata a lasciare il segno. A spiegarla in un’intervista al ‘Corriere della Sera’ è lo stesso Pinchiorri che racconta dei contatti avviati a maggio 2019 con l’amministratore delegato di Zachys, casa d’aste americana, specializzata proprio in vini. In quell’occasione è arrivata la proposta di mettere all’asta alcune delle bottiglie più pregiate. Da quel giorno è partita l’operazione che porterà il 12 settembre alla prima asta europea dedicata esclusivamente alle bottiglie di vino di Giorgio Pinchiorri. Ben 2.250 bottiglie, divise in 864 lotti, con un valore complessivo di base di due milioni di euro.
Cifre da capogiro che partono da alcune bottiglie davvero di grande valore: troviamo così due magnum di Vosne-Romanée Cros-Parantoux Reserve Henri Jayer 1999 che partono da una base d’asta intorno ai 66mila euro. Poi ecco sei di Pétrus 1961 del valore di partenza di 33mila euro. Ancora: ci sono due Romanée-Conti Domaine de la Romanée-Conti 1990 con prezzo di partenza di 26mila euro. Appuntamento il 12 settembre dopo che a marzo, causa coronavirus, tutto è stato rimandato.
Pinchiorri, vino all’asta con tristezza
Lo stesso
Pinchiorri spiega cosa farà con i proventi di quest’asta: “Voglio fare qualcosa per i miei dipendenti – ha spiegato -. Sono 51 e qualcuno lavora con me da 10-15 anni. Hanno dai 30 ai 50 giorni di ferie accumulate: al di là di come andrà l’asta, la prima cosa che farò sarà liquidare quegli arretrati nella busta paga di dicembre”. Poi quello che avanza sarà reinvestito in ristorante e cantina e sarà utile anche per il 2021: “La crisi ci stangherà almeno per i primi sei mesi del prossimo anno”. Periodo difficile, come difficile è stata la decisione di mettere all’asta le bottiglie di
vino: lacrime e baci al momento dell’imballaggio perché “sono figli che non ci saranno più”.