Addio alla
data di scadenza sui prodotti alimentari? Il primo passo è stato fatto in Inghilterra: nei supermercati britannici, infatti, la Tesco (una delle maggiori catene di market inglese) ha deciso di eliminare la dicitura ‘da consumare preferibilmente entro’ sulle confezione di frutta e verdura. L’azienda inglese ha spiegato che toccherà ai consumatori e al loro buonsenso decidere se il cibo è ancora buono o meno. Una decisione che si propone di ridurre lo spreco alimentare, decisamente elevato. Una recente analisi, infatti, ha dimostrato come in Inghilterra una famiglia media spreca circa 700 sterline l’anno gettando via del cibo ancora commestibile. In questo senso, frutta e verdura sono tra gli alimenti che più spesso vengono buttati via prima che vadano realmente a male.
Settanta alimenti senza più data di scadenza
La decisione della Tesco è riferita esclusivamente alla dicitura ‘consumare preferibilmente entro’, quindi a tutti quegli alimenti che, superata una certa data, non sono considerati più ‘perfetti’ ma non sono neanche immangiabili, cioè non sono nocivi per l’uomo. Nell'elenco degli alimenti che nei supermercati inglesi non avranno più
data scadenza rientrano settanta cibi:
mele,
patate, cipolle fanno parte della lunga lista che – ricordiamo – riguarda soltanto l’Inghilterra. Ma tale decisione potrebbe essere estate anche in Italia? Ipotesi difficile almeno a sentire la dura critica di Coldiretti che ha bollato come ‘pericoloso’ per la qualità del cibo la scelta della Tesco. Questo perché – secondo l’associazione – eliminare la data di scadenza significa non specificare che superata una certa data un cibo vede ridursi le proprietà nutrizionali e organolettiche, ma anche modificare il proprio sapore e la propria fragranza. Una posizione che richiama la recente critica della stessa Coldiretti all’etichettatura a semaforo introdotta in Inghilterra dove gli alimenti vengono classificati con un bollino rosso, giallo e verde in base alla quantità di nutrienti come grassi, sali e zuccheri. Un’etichettatura che ha portato a ‘bocciare’ eccellenze italiane come grana padana, parmigiano reggiano e prosciutto di Parma.